Freddo, piove, freddo. Cerco di ricordarmi perché nonostante il gelo continuo a vestirmi solo con una felpa di cotone e una t-shirt dei Ramones. Sara dice che prima o poi mi prenderà un accidente. Io dico che ha ragione.
Valter si fuma una sigaretta davanti all’ingresso. Mi vede, fa un cenno, accosto.
– Bella zio.
– Bella lì, Dante-san.
– Che si dice?
Scuote la testa.
– Attacchi ora?
Annuisco.
– Mi aspetti?
Guardo il cellulare. – Sì, ho ancora qualche minuto.
La figura allampanata di Mario spunta per metà dal portone. Ci saluta, ricambiamo.
– Non venite?
Valter alza due dita con la sigaretta in mezzo.
– Guarda che Jonathan s’arrabbia se fai di nuovo tardi – ridacchia Mario.
– Eh sì, me lo immagino chillo lì – risponde Valter.
– Probabilmente ti mette a riordinare i DVD come la settimana scorsa.
– Sì, quando ho beccato quel porno! Minchia che muso che ha fatto quando ho beccato quel porno in mezzo ai DVD! Ma chi l’ha ordinato? S’è saputo, poi?
– No – sorrido, – ma un mezzo pensiero ce l’avrei.
– Dite? Lo sapete? – ci interroga Mario.
Schiocco la lingua e faccio segno di no. – Però Jonathan s’è incazzato a morte, era tutto rosso.
– Ahahah, sì minchia guajo’, dava ordini a tutti: “Adesso fai così!”, “Tu vai di là!”.
– Ahahah, vero! Che poi non ce la fa a essere serio con noi.
– No, minchia!
– Cioè, lui ci prova, ma con noi non ce la può proprio fare.
– “Dante, muoviti con quegli ordini!”
– Una parodia del padre autoritario.
– “Forza! Scat-tare! Un-due, un-due…”
– Eheheh, sì: “Risali a bordo, cazzo!”
Il commento-con-sorriso di Mario azzittisce tutto. Non si muove una foglia, non fiata un animaletto, nemmeno le macchine passano più. Valter ed io lo guardiamo muti come un film d’inizio ‘900. Il sorriso di Mario tentenna, comincia a ritirarsi, si raggrinzisce fino a farsi dubbio. Ci guarda, s’interroga, prende fiato per dire qualcosa. Gli togliamo lo sguardo e saliamo gli scalini.
– Dai regà…
– Cazzo Mario… – commento laconico.
– Dai, ma era…
– Guajo’ guarda sta zitto che… – Con un scatto Valter colpisce il portone d’ingresso, facendolo vibrare. – Porcocazzo!
Mario ammutolisce. Ce lo lasciamo alle spalle mentre entriamo nel corridoio-dipendenti.
– Non avrai esagerato? – sussurro dopo un po’.
– Sta buono che pe’ fa’ ‘sta minchiata mi so’ sfrantumato u’ dito.
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