Si chiama psicosi

27 Feb

– Oggi, in macchina, ho sentito una canzone che diceva “Fuck you very very much”.
– Bella – risponde Michele con scarso entusiasmo, – dovremmo metterla in reparto.
Un reparto semivuoto. Mario riordina alcuni DVD, Sara scribacchia qualcosa appoggiata alla scrivania, Jonathan…
– Dov’è Jonathan?
Michele smette di fare quello che stava facendo e getta un occhio verso la porta della sua stanza. Chiusa.
Sospiro. E’ un periodaccio per il vecchio.
– E’ un periodaccio per tutti – ciancica depressa la spillatrice.
– Michele, che vuol dire quando inizio a vedere gli oggetti che parlano?
– Cazzoneso, sei tu lo psicologo.
Non ha tutti i torti.
– Comunque, gli rispondi?
– A volte.
– Allora sei fregato.
Diamine.
Pinzo una matita tra due dita e la faccio oscillare guardandola mentre si deforma.
Un tempo mi piaceva lavorare qui, ora è qualcosa che dovrei lasciarmi alle spalle. So che dovrei farlo, ma non ci riesco. Anni qui dentro: come fai a mollare? Ci sono un sacco di cose che ti porti dietro, un po’ come quel sacco di cose comprate senza un valido “perché” e lasciate lì a impolverare; quelle cose che, dopo aver dato la moneta al cassiere, ti fanno dire: “Cazzo… ma che l’ho comprata a fare?”.
– La tua situazione è diversa: a te piaceva qui, è adesso che non ti piace più – mugugna la spillatrice.
– Ma chi t’ha chiesto niente! Tornatene a cucire fogli, o qualunque altra cosa tu faccia.
Si chiama psicosi.

Una Risposta to “Si chiama psicosi”

  1. maurizio 28 febbraio 2012 a 10:51 PM #

    Non farti catturare altrimenti fai la mia fine…. 35 anni di “bottega” e adesso spero che gli ultimi cinque passino il più velocemente possibile…. sento l’odore della pensione.
    Realizza i tuoi sogni e non farti imprigionare dal “mi piaceva lavorare qui”.

Lascia un commento